mercoledì 12 marzo 2014

Una partita e un cane.

Hall Point, casino, 12/03/2516.


- All in.

Un fruscio di carte girate.
Un tavolo verde, due uomini.
L'espressione disperata di Jim Foster, allevatore di Greenfield e giocatore incallito, si specchia nel sorriso soddisfatto di Haggerty, chimico criminale e occasionalmente vincente.

- Non posso pagare.

Il sorriso si spegne.
Lo sguardo dell'Head cerca quello dell'uomo davanti a sé, ma lo trova crollato sul tavolo verde. Là dove il suo poker di otto ha battuto il full di Jim.

- Non posso, non ho quei duecento dollari.

La voce di Foster trema. Il resto del corpo fa altrettanto, scosso da brividi di terrore.
Due securer delle dimensioni di un armadio lo affiancano, bloccandogli ogni via d'uscita: non sembra comunque avere le forze per provare la fuga. Nonostante Huck non abbia ancora aperto bocca, per esigere il pagamento di quella posta modesta quanto sacra, il suo debitore si dispera.

- Pensavo di avere la vittoria in mano, ma.. Mi dispiace, non ho quei soldi. Gli affari vanno male, la guerra ha distrutto tutto, la banca si è presa il ranch e la casa. Mi perdoni, mi dia del tempo. Lavorerò per lei, io..
- Cos'hai?
- Che.. cosa.. 
- Ho detto cos'hai per pagarmi. Non mi interessano altri profughi sul mio skyplex. Ma devi pagarmi, non c'è niente di più vincolante di un debito di gioco..
- Io non ho.. ho..
- Portatelo via.

Un cenno brusco indica alle guardie Jim, ormai in lacrime. Uno dei securer gli ha già avvinghiato una spalla, quando l'allevatore esclama:

- Ho un cane!


-

Hall Point, Spacesick, 13/03/2516.

- Spiegami ancora come questo botolo è finito a bordo, su.

Il pilota e il cane si fissano con reciproca diffidenza.
Da un lato Rudy, due metri buoni di muscoli e tatuaggi, il volto scavato dall'alcolismo e dalla malaria, una mano stretta attorno al collo di una bottiglia di whisky e l'altra tesa a mezz'aria. Quasi volesse avvertire il botolo in questione di non avvicinarsi troppo, se non vuole finire strozzato come il liquore.
Dall'altro il cane, un barboncino nano, ma talmente nano che potrebbe tranquillamente vivere all'interno di una scatola di scarpe. Ha una certa somiglianza con il suo nuovo padrone: mogio, spelacchiato, il pelo di un grigio sporco e lo sguardo di chi non ha nessuna intenzione di avvicinarsi troppo all'energumeno davanti a sé.

- L'ho vinto a poker.
- Una volta vincevi soldi, Haggerty.
- Una volta non vincevo.
- Proprio sicuro di aver vinto, stavolta?
- Vaffanculo, Rudy.
- E quindi, come si chiama?
- ..
- Avrà un nome, il botolo.
- ..
- Non possiamo chiamarlo Botolo, vero?
- No, Rudy.
- ..
- Senti, visto che non fa per niente paura.. secondo te, qual'è la cosa più spaventosa del 'verse?
- Una bottiglia vuota, Huck.
- Sfiga Puttana. La seconda cosa.
- I Marauders?
- Non posso chiamarlo Marauder. La terza?
- Joe Black?
- ..
- ..
- Lo chiameremo Dragan.


martedì 24 dicembre 2013

Natale a Casa Edwards

Messaggio ricevuto da Eivor il giorno 24 Dicembre 2013 alle 15:04
c-message: christmas season
Haggerty.

Ho deciso che è ora che tu conosca la mia famiglia e che la mia famiglia conosca te.
Non sarà una cosa semplice, né piacevole, ma è una cosa che va fatta, e va fatta bene, perché mio padre ha una doppietta, una vanga e molti ettari di terreno. Non aggiungo altro.
In compenso, mia madre è un'ottima cuoca.

Eivor

PS.

Naturalmente dormiremo in camere separate. Non escludo che mio padre le chiuda a chiave. Dall'esterno.

mercoledì 27 novembre 2013

un punto di vista e un plagio

[ questo post vuole essere omaggio a Culodicuori ]

Novembre 2515, Hall Point

Mentre attraversano il dedalo metallico dei corridoi di Hall Point, si chiede se la mano di Eivor sia sempre così calda, e se la sua bocca sempre così asciutta. Sulla soglia della porta della stanza, lei si gira per baciarlo e le trova in volto un'aria confusa e diffidente. Sfiga puttana, se lo vede mi uccide, si dice in un momento di sconforto, prima di farsi incollare le labbra sulla bocca e fare un rapido check up della situazione. No, non posso farle guardare il soffitto, pensa fra sé e sé mentre apre la porta e avvinghia la bionda, facendola entrare di schiena senza, per altro, staccarle la faccia di dosso. E ogni volta che lei cerca di guardarsi intorno -causandogli terribili brividi di panico-, lui le infila una mano fra i capelli e la tiene ferma.
Magari riesco a sfangarla, pensa con un sollievo indicibile mentre si sfila le scarpe, i calzini, la camicia, i jeans, i boxer blu. Eivor fa per sdraiarsi sul letto, poi qualcosa – la sua faccia terrorizzata, come se la Morte stessa lo stesse aspettando tra le lenzuola - la fa girare di scatto a frugare la branda. Invece ci sono solo delle coperte un po' stazzonate e qualche panno abbandonato che viene fatto scivolare a terra. Huck la prende nervosamente per le spalle e, con un sorriso che è un po' imbarazzato e un po' logicamente spaventato (il soffitto), la gira carponi, in modo che si trovi la chioma bionda davanti al volto arrossato e la parete di fronte a sé.
Mi ucciderà, ma ne vale la pena, continua a pensare mentre si danno da fare.
[un po' di tempo dopo]

Scivola sul letto con gli occhi chiusi, respirando affannosamente e cercando a tentoni la bottiglia di whisky abbandonata sul comodino. E' un miscuglio di tensione e endorfine. Apre gli occhi per agguantare il liquore, e la scia della fiammella lo porta a sollevare gli occhi verso Eivor. Ed è solo in quel momento che se ne ricorda: la gigantografia disegnata da Paul di un paio di tette. Il sangue gli pulsa nelle tempie prima di poter realizzare che sta per tornare single, o che sta per diventare cadavere.
Si copre con il lenzuolo come se potesse fargli da scudo contro l'ira di Culodicuori. Abbassa gli occhi colpevoli fuggendo quelli della pilota, che ha la faccia che ti aspetteresti di vedere sotto il cappuccio del boia. Le punta contro un sorriso terrorizzato, e con tutta l'incertezza del 'verse le dice


ti amo?

martedì 15 ottobre 2013

All In.

Monkey Wrench, da qualche parte nello spazio, 15 ottobre 2515.

Apre gli occhi. Quello che vede lo lascia confuso, sorpreso.
E' seduto ad un tavolo da poker. Sul panno verde sono sparsi cumuli di chips, banconote, bicchieri e bottiglie. Ha in mano due carte. Buone carte. La cosa è rara, con la sfortuna che lo perseguita, ma non è questo a stupirlo. E' la compagnia al tavolo.

Bill Blackbourne lo fissa oltre una nuvola di fumo di sigaro. Incredibilmente, sorride.
“Haggerty, ti sei addormentato? Sta a te.”
Colpisce con un tocco delicato la punta del sigaro, la cenere precipita al suolo.

“Quante volte ti devo dire di non buttare la sporcizia a terra, Bill?”
La voce suona famigliare. Il chimico si volta, incuriosito, verso la figura al fianco dell'Head di Hall Point. Vi trova, non senza stupore, Molly Cox.
“Poi non pulisco, ve lo dico. Fate sempre pulire me. Cenere, cartacce, sangue.”

“Non è stata colpa mia. E' Hag che sporca.”
Un posto più in là, al tavolo verde, c'è Joe Black. Che alza le mani, come se si stesse arrendendo, e sogghigna. “Diglielo, Hag. Sono innocente.”
Huck non fa in tempo a rispondere, perchè un'altra voce si inserisce nella conversazione.

“Innocente un cazzo. Ti avremmo già arrestato, se quello lì avesse parlato.”
C'è un dito accusatorio puntato contro il chimico. Risalendo oltre mano, polso e braccio, si trova una divisa militare. All'interno, Coco Aguilar.
“A proposito, Haggerty. Sta a te parlare..”

“..e non abbiamo tutta la notte. C'è una guerra da combattere.”
La frase arriva dall'ultimo partecipante alla partita. Huck si volta, sempre più incredulo, e trova nel posto accanto a sé Jack Rooster. Che al contrario dell'alleata non è in divisa, ma nello stesso vestito che indossava al matrimonio di Ritter.
“Muoviti, chimico.”

Sbatte le palpebre. Scola in un sorso il bicchiere di whisky che ha davanti. Guarda le proprie carte. Guarda Bill, Molly, Dragan, Coco, Jack. Guarda la montagna di gettoni colorati. Ne spinge una parte verso il centro del tavolo.

“Raise.”

Blackbourne, senza parlare e senza smettere di sorridere, chiama la puntata. E così tutti gli altri, tranne Cox. La pilota sospira, scuote il capo, abbandona la mano.
“Fold. Io con questo..” alza lo sguardo su Huck. “..non voglio avere a che fare. Mi sono lavata le mani della sua vita tanto tempo fa.”
Molly fa scivolare la sedia indietro, si alza. Prima di allontanarsi lascia un bacio sulla guancia di Dragan. “Non barare, fratello.”

Una volta controllate le puntate, il Dealer gira tre carte sul panno verde. E' solo a questo punto che Huck si accorge di chi sta facendo il mazzo. Avrebbe giurato che un attimo fa non c'era, eppure è lì, seduto in mezzo a loro. Profeta Vandoosler. Con gli occhi densi di switch, una camicia fradicia incollata ai muscoli e il tono zuppo di una fiduciosa sicurezza. “Deve avere un ottimo motivo.”

Il chimico non ha il tempo per replicare, perchè questa volta è Bill ad aggiungere al piatto un nuovo rilancio. Rooster e Black chiamano, senza esitazioni. Huck ci pensa, ma fa lo stesso.
“No. Lascio anche io.”
Coco, invece, abbandona la mano e il tavolo.
“Non è attendibile. Avessi carte migliori potremmo intavolare una trattativa in merito..”
“Non è colpa mia se hai carte schifose, sorella.” La voce ed il sorriso arrivano da Andre, che invitato da un'occhiataccia di Jack (la stessa occhiataccia rifilata a Dragan quando, mesi prima, festeggiò un matrimonio bombardando il cielo) taglia corto per girare un'altra carta sul tavolo.
La quarta. Ne manca una, e stanno giocando ancora in quattro.

“Stai bluffando, ammiraglio.” fa Joe.
“Hai solo un modo per uscire bene da questa situazione.” risponde lei, con un cenno del capo verso le pila di gettoni del Weaver.

Huck invece guarda prima le proprie carte, poi le proprie chips, quindi le carte sul tavolo. Due assi in mano, due sul panno verde. Poker
Non può perdere.

“All In.” Spinge tutto quello che ha oltre l'immaginaria linea che separa i propri gettoni da quelli nel piatto. E' avvolto da un senso di sicurezza, di tranquillità, che non prova da anni. Almeno fuori dalla cabina del capitano della All Saints.

“D'accordo. All In.” Fa Black.
“All In.” Fa Jack.
“All In e rilancio.” Fa Bill, stupendo la compagnia. Qualche secondo di sgomento dopo è Vandoosler a chiedere spiegazioni.
“Hai finito le chips, Blackbourne. Con cosa rilanci?”

L'Head di Hall Point abbandona il sigaro nel posacenere. Alza la destra, ormai libera, per puntarla verso Huck. L'indice teso contro il volto sorpreso del chimico.

“La vita di Haggerty.”

Huck apre la bocca per protestare, ma qualsiasi bestemmia volesse strillare non esce. Si rende conto, all'improvviso, di essere senza voce. Cerca di alzarsi, ma le gambe non rispondono. Abbassa gli occhi sulle proprie carte e al posto dei due assi, di quella mano certamente vincente, trova un pezzo di carta su cui è disegnato un teschio. Un teschio con un cappello da giullare.

“La vita di Haggerty. Ci sto.”
“Anche io.”

La partita, nel frattempo, continua senza di lui.
Jack, Bill e Dragan attendono il verdetto della fortuna, giocandosi il suo destino.
Andre Vandoosler fa per girare l'ultima carta, quella decisiva. Si blocca a metà di quel gesto. Si volta verso Huck. Sorride.
“mi dispiace, fratello.”

..

Huck Haggerty si sveglia in un bagno di sudore, nel buio di un compartimento nascosto in una nave in volo chissà dove, ansimando in cerca di ossigeno.
Prenderà a calci le paratie metalliche fino a quando non otterrà una bottiglia di whisky.


domenica 29 settembre 2013

Una festa e un brutto accento.

Bullfinch, Timisoara, 28 settembre 2515.

Huck Haggerty è un corer sbronzo in mezzo a rimmer sbronzi.
Corer sbronzo, malinconico e lingua lunga.
Rimmer sbronzi, ribelli e confederati.

Se questa fosse una reazione chimica, lui se ne terrebbe a distanza. Forse scapperebbe dal laboratorio, dato il potenziale tossico dei due elementi combinati insieme.
Se fosse una mano di poker, e quelle le due carte che gli sono state servite, lui abbandonerebbe di colpo la partita. Stranamente non tenterebbe neanche un bluff, considerate le scarsissime possibilità di uscire dalla mano senza ulteriori perdite.
Se fossero materiale per una bomba, e il chimico con quelle ci sa fare, probabilmente rinuncerebbe al tentativo di metterli insieme. Troppo rischioso, dato il potenziale esplosivo. Roba che ti scoppia tra le mani, direbbe.

Purtroppo al momento il chimico è troppo carico di whisky, ingurgitato per festeggiare l'Exodus Day o per dimenticare la lontananza da casa, per ragionare lucidamente.
Se fosse in laboratorio finirebbe con lo scatenare una nuvola tossica, al tavolo da gioco perderebbe tutto, la bomba salterebbe senza detonatore.
E' invece in una piazza piena di rimmer sbronzi, ribelli e confederati.

Happy X-Day, gente!

Mentre qualche passo esitante lo stacca dal più vicino falò l'allegria alcolica porta il corer a salutare sconosciuti e distribuire pacche sulle spalle, sorrisi, auguri e accento di Cap City. Il suo percorso verso il campo dove ha parcheggiato la spacesick è costellato di brindisi con gli indigeni più sbronzi o meno razzisti, di occhiatacce da quelli meno sbronzi o più razzisti.
Poi finisce con l'incontrarne uno molto sbronzo e molto razzista.

“Cazzo fai qui, insetto corer?”
“Happy X-Day a te!”

Quello che si para davanti ad Huck, più che un uomo, è un armadio. Ne ha tutte le caratteristiche strutturali, considerati i due metri d'altezza e la massa di muscoli, e a giudicare dall'esterno sembra avere anche il quoziente intellettivo di un pezzo di mobilio.
Fissa il chimico con uno sguardo aggressivo e ubriaco che non promette nulla di buono.
Quello replica allungando la bottiglia verso di lui, in un'alcolica offerta di pace.
Mister Armadio sventola in aria una mano grande come mezzo Huck e fa volare quell'offerta a infrangersi a terra, con rumore di vetri e di liquore sprecato.

“Non bevo con le ragazzine di Horyzon.”
“ .. il mio whisky.”
“Cazzo fai qui, merda alleata?
“Festeggiavo, prima di ..”
“Non hai un cazzo da festeggiare, da queste parti.”
“A dire il vero..”
“Sei una spia?”
“Una spia?”
“Una fottutissima spia di quelle mezzeseghe della flotta.”
“E cosa dovrei dirgli, che avete buoni falò e pessimi alcolici?”
“Non mi piacciono i corer, soprattutto le spie.”
“Non sono una spia. Lavoro per..”

Prima che possa completare la frase, rivelando le connessioni più o meno influenti, la già citata manona del suo simpatico amico si abbatte sulla faccia del chimico con decisamente meno simpatia.
Huck crolla a terra, sul terreno zuppo della leggera pioggia che ha bagnato i festeggiamenti di Timisoara.
Armadio ride, aggiunge qualche insulto contro i corer e “non farti più vedere”.
Huck allarga braccia e gambe, spalanca la bocca per riprendere fiato. Si rimetterà in piedi solo dopo qualche minuto e un borbottio dopo.

Happy Exodus Day, Polaris.


Si presenterà al matrimonio di Bolton con un occhio nero.

lunedì 29 luglio 2013

Una ruota e tanta sfiga.

Duankou, casino, 29 luglio 2515.

Duevirgolasette. Per la precisione 2,702703.
Le probabilità di vincita alla Roulette in caso di puntata su numero singolo.

Il numero singolo su cui scommette Huck è sempre il 33.
Non per motivazioni religiose, sia chiaro. E' il numero atomico dell'Arsenico.
E ha più dimestichezza con chimica e avvelenamenti che con Dio.

“Sfiga puttana!”

Un'altra cosa con cui ha dimestichezza è la Sfortuna che ricorda spesso ai suoi compagni di gioco, ogni volta che la mano di Roulette termina con una sua sconfitta. Statisticamente nel novantasettevirgolatre percento dei casi. In parole più semplici:

“Perdo sempre! Vaffanculo.”

La seconda parte della frase è forse diretta al 'verse infame, forse al povero croupier che sta portando via il suo mucchietto di gettoni colorati appena scommessi. Non è la prima volta, questa sera. Lo sa il dipendente del casino, lo sa il chimico, lo sa il pilota di Gracestone che lo ha accompagnato ai tavoli per cui condividono amore ed odio, a seconda di dove va a fermarsi la pallina bianca. Questa sera la Fortuna e la ruota numerata non sorridono ad Huck.
Deve quindi accontentarsi del ghigno di Rudy, che incassa la propria vincita con evidente entusiasmo e aperta provocazione.

“Prima o poi imparerai a giocare, Haggerty.”
“So giocare meglio di te, ma da qualche tempo.. ho una sfiga pazzesca.”
“Sfortunato al gioco, fortunato in amore.”

Il pilota conclude la frase indirizzando un occhiolino al chimico, poi viene attirato dalla voce del croupier che riapre le danze sul tavolo verde. Al contrario, l'attenzione di Huck è da tutt'altra parte. Una smorfia sorpresa e vagamente infastidita ha seguito la frase appena sentita, lo sguardo è scappato oltre la vetrata che fa da parete al casino. Smarrito tra le stelle, quasi potesse individuare ad occhio nudo una chioma bionda su un pianeta distante anni luce.
Le labbra lasciano sfuggire un mugugno allo stesso tempo affettuoso e ostile, diretto da qualche parte nel nulla dello spazio.

“Vaffanculo, Culodicuori.”

Non fa in tempo a girarsi di nuovo verso il tavolo, a sistemare una puntata sulla solita casella, che Rudy gli è nuovamente accanto immerso in una risata fragorosa. Una mano tesa, l'indice puntato verso il lato opposto del salone, verso un'altra vetrata, altro buio e altre stelle.

“Guarda che Tauron è dall'altra parte.”
“Vaffanculo anche tu.”

La pallina bianca viene lanciata, corre sui trentasette numeri che compongono la ruota.

Non si fermerà sul 33.

lunedì 8 luglio 2013

Due teorie e dei fantasmi.

Greenfield, Jasonville, 4 luglio 2515


Escludendo rare eccezioni - eventi mondani, nottate in laboratorio, soggiorni in carcere - l'abbigliamento del chimico non cambia praticamente mai. Per svogliatezza o abitudine si infila sempre in un paio di jeans e in una camicia, anche se la qualità e la pulizia variano a seconda del posto in cui si trova. Si potrebbe riassumere in una teoria:

La probabilità che i vestiti siano lindi e stirati è inversamente proporzionale alla distanza che intercorre tra Huck e Cap City.

Per confutarla basterebbe passare qualche settimana in compagnia del chimico, scortandolo nel suo peregrinare per il 'verse. Ovviamente non esiste persona che si impegnerebbe volontariamente in tale improbabile e poco utile impresa, e l'unica che davvero vive con lui non ha il minimo interesse nel suo modo di vestire. Rudy, il pilota ubriacone e debitore, presta ben poca cura al look maschile.
Si stupisce quindi non poco, quando entrando nella cabina del Capitano lo trova impegnato a fissare con un raro ghigno allegro e sguardo distante una camicia bianca, stesa sul letto. Una camicia bianca vistosamente macchiata d'erba umida.

"Ti sei impasticcato di nuovo?"

Chiede, l'accento di Gracestone venato di stupore. Fissa il volto di Huck, poi il letto e quei vestiti sporchi.
La voce del chimico risuona tra le pareti metalliche della Space Sick con un'esplosione di confuso ma sobrio entusiasmo.

"La speranza è una camicia macchiata di verde."

Rudy lo guarda storto. Biascica qualche bestemmia ed esce dalla cabina.
Non sembra avere intenzione di discutere neanche questa personalissima teoria.

-
Eivor [ riverside ]  «  Si gira a guardarlo soltanto quando con la coda dell'occhio si è assicurata che lui i suoi li abbia chiusi. Gli fa scivolare addosso un'occhiata molto attenta, che sale dalla punta delle scarpe all'ultima ciocca di capelli. Deglutisce un grumo di angoscia.  » Mi piaci. «  Si potrebbe immaginare che lo ammetta contro voglia con un filo di voce. Invece, lo dice in maniera assolutamente naturale, come se avesse appena constatato che il cielo è azzurro e le cascate fatte d'acqua.  » E penso che tu sia una brava persona. «  Aggiunge, con un tono che non sembra ammettere nessun se e nessun ma.  » Ma se scappiamo entrambi in direzioni diverse.. «  Si interrompe, come se avesse tutto d'un tratto perso il filo del discorso, lasciato impigliato da qualche parte nelle ciocche ribelli del chimico, che sta fissando con una certa intensità.  »

" non scapperò, da te.



So give me hope in the darkness that I will see the light
'Cause oh that gave me such a fright
But I will hold as long as you like
Just promise me we'll be alright

But hold me still, bury my heart on the coals
And hold me still, bury my heart next to yours

So give me hope in the darkness that I will see the light
'Cause oh that gave me such a fright
But I will hold on with all of my might
Just promise me we'll be alright

But the ghosts that we knew made us black and all blue,
But we'll live a long life.
And the ghosts that we knew will flicker from view
And we'll live a long life.