giovedì 30 maggio 2013

Ace of Diamonds - Walter Cranston (e un'esplosione.)

Horyzon, Capital City, 2501

“Presta attenzione, ragazzino.”

L'uomo compare in una nuvola di fumo.
O più probabilmente era già lì, solo coperto dai vapori azzurri che sfuggono dal calderone di sostanze chimiche sulle quali sta lavorando.
Nel rettangolo di viso lasciato libero tra capelli bianchi e mascherina protettiva c'è uno sguardo di rimprovero, reso minaccioso da una ruga che piega la fronte. Un indice, guantato e lucido, viene puntato verso uno degli ultimi banchi che riempiono il laboratorio universitario.
A vederlo così, con il grembiule lungo che sembra una tunica e quegli sbuffi di fumo che lo avvolgono, con il pentolone davanti e la lunga barba bianca che sfugge alla mascherina, si potrebbe scambiarlo per qualche mago delle storie della Terra-che-fu. 
A giudicare da come gli studenti interrompono le chiacchiere e raddrizzano la schiena, almeno qualcuno di loro deve pensarlo davvero capace di lanciare incantesimi o fulmini, con quel dito puntato.
Dall'altra parte di quel polpastrello, inquadrati nell'immaginaria mira del professore, ci sono uno sguardo strafottente e un istintivo sarcasmo.

“So miscelare ogni sostanza in questo laboratorio sicuramente meglio di quanto lei sappia farsi la barba, Professor Cranston.”

Il ragazzino ha una penna dietro l'orecchio, le braccia intrecciate sul petto magro e un blocco per appunti davanti. Intonso. 
Ha occhiaie che testimoniano una nottata lunga o impegnativa e un sorriso che trasmette che, in ogni caso, è stata una nottata soddisfacente. Il colletto macchiato di rossetto, i polsini di whisky.

Allora vieni a farci vedere. Vieni, continua tu.

L'uomo si sposta di lato, indicando al ragazzino il calderone fumante e una serie di provette.
Il ragazzino non si fa pregare, si alza e attraversa l'aula come se ne fosse il padrone.
L'uomo gli passa guanti e mascherina. Quando se la toglie, tra la barba si apre un ghigno divertito.
Il ragazzino si prepara. Studia il composto. Guarda i compagni. Recupera una provetta, la aggiunge. Fa per schiudere le labbra, per spiegare qualcosa alla classe.
L'uomo prima arretra di un passo, poi lo anticipa.

Hai esagerato con il nitrato, Haggerty. Farà un bel botto.”

Il ragazzino scompare in una nuvola di fumo e bestemmie.

-

Walter Cranston mi ha insegnato tutto quello che so sulla chimica.
E sulla modestia.
Su almeno una delle due cose, ha fatto un buon lavoro.
Gli studenti lo chiamavano “il Mago”, per la barba e l'atteggiamento da saggio eremita, ma all'interno del laboratorio era praticamente un Re. Non c'era sostanza che avesse segreti, o che non potesse piegare al suo volere.
Ha forgiato generazioni di studenti, capaci o meno. E qualche genio.
E' stato forse per il mio talento e la mia sfacciataggine che mi ha preso in simpatia, anche se il suo metodo educativo era una versione particolare del classico “bastone e carota”. Che prevedeva l'assenza della carota e un bastone extra. Lo odiavo, ma lo stimavo moltissimo.
Quando non è più stato il mio professore, quando ho finito il suo corso con il massimo dei voti, siamo diventati amici. Il whisky e la chimica non hanno età.
E' l'unica persona che non mi ha tagliato fuori, quando sono scappato da Cap City come un ladro.
Come il Mago che era, è sempre riuscito a contattarmi nel mio peregrinare per il 'Verse. Unico e sottile filo verso quello che sono stato, o che avrei potuto essere se la strada della vita, e delle scommesse, non mi avesse portato a vivere nel lato sbagliato della legge.

“Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta.”

Walter Cranston mi ha insegnato tutto quello che so, poi è morto in una giornata di festa.
E' stato un ironico destino, quello del Professor Cranston.
Dopo avere passato una vita a piegare le reazioni ai propri scopi, è stato ucciso da un'esplosione di energia che non poteva controllare.

-

Walter Cranston. Corona, 23 Settembre 2437 – Horyzon, 29 Maggio 2515.

Gli studenti della classe '01 si uniscono al dolore dei famigliari e al cordoglio di tutta la comunità accademica di Horyzon per l'improvvisa e ingiusta scomparsa del professore Walter Cranston.
Il suo ricordo sarà sempre presente nei nostri cuori, a lui dobbiamo un grande contributo alla nostra formazione didattica, professionale ed umana.
La perdita di una tanto stimata persona ci ha molto colpiti, lasciando un grande vuoto dentro di noi.


Gli studenti tutti si augurano che la Marina possa presto consegnare alla Giustizia i colpevoli di un tanto efferato gesto verso tante vittime innocenti e l'Alleanza intera, e che questo possa portare pace nel cuore dei famigliari del professor Cranston.

martedì 21 maggio 2013

Un'alba e troppo vino.


Tauron, Madison Ranch, 21 maggio 2515

La luce del mattino lo trova addormentato ai piedi della grande quercia.
La giacca elegante è sparita, dimenticata da qualche parte o più probabilmente scommessa e persa. La camicia, una volta bianca, ha sfumature dell'erba su cui è caduto, del vino che si è versato in gola e addosso. L'alcol ha reso il sonno pesante, tanto che qualche guascone ha trovato divertente infilargli una forchetta nella barba mentre dormiva. O forse anche quella è lì per scommessa.
Un filo di brezza lo fa tremare, ne scuote le palpebre stanche: la luce del mattino colpisce le pupille come i fuochi artificiali di Dragan. 
Strizza gli occhi, infastidito.
Al posto del buio trova la confusione della mente stanca e disidratata. 
Immagini che si susseguono senza un filo logico, ricordi ubriachi e caotici, bolgia di pensieri e flash sconnessi.

Thor in tiro. Un sombrero. Un nano.
Un nano?
Un angelo violinista. O un angelo e un violinista.
E' il mio fidanzato”.
Hyena che palpa una puttana. Hyena che paga una puttana.
Sono arrivato tardi.
Aileen. Dove cazzo è Aileen?
Una bellissima cerimonia.”
Voglio bere ancora. Giuro su Dio che non berrò mai più.
Unfuciledellerosedeicuori.
Capitano Culodicuori Edwards.
Lo riempiamo di botte.
Ritter e Sterling che ballano.
Ritter e Sterling che ballano.
C'è speranza.

La luce del mattino lo accompagna nuovamente nel sonno, ai piedi della grande quercia.
Un sonno sbronzo e faticoso. Un sonno anticipato da un borbottio.

“Fate stare zitto il pianoforte, e quel coglione che canta.”

venerdì 17 maggio 2013

Ace of Clubs - Duke Preston


Horyzon, Capital City, 2498 


L'uomo sbuffa una nuvola di fumo puzzolente. Appoggia il sigaro nel portacenere, alza un angolo delle carte che ha davanti, annuisce leggermente.
L'uomo spinge nel mucchio di chip le pile che ha accumulato durante la lunga partita. Ha preso la sua decisione. “Stai bluffando, Duke. All In”.
L'uomo sente una risata, sgrana gli occhi, colpisce il tavolo con un pugno.
L'uomo ha perso. Ancora.

L'altro uomo, quello con le carte migliori, non commenta. Sospira l'ultimo scampolo di risa e trascina il mucchio di chip dal suo lato del tavolo, come ha fatto mille volte. Dita magre e rugose ricompongono le torri con l'esperienza di secoli di gioco, preparando quel castello di gettoni al prossimo assalto.
Duke Preston ha vinto. Ancora.

Il ragazzo, eliminato troppo presto dalla partita, osserva le chip cambiare mano. Osserva i volti dei giocatori, poi le loro carte, quindi il sigaro che va spegnendosi con uno sbuffo maleodorante. Esita, si mastica il labbro inferiore, poi si passa il palmo aperto sui primi peli che gli macchiano la guancia. Tossisce aria densa di fumo e qualche goccia del whisky ingoiato a forza, per sembrare adulto, ma che ora gli brucia le viscere. Brucia come le parole che non può trattenere in gola.
“Insegnami a giocare come fai tu, Duke.”
Il ragazzo sta implorando il Campione. Ancora.

Per la prima volta, dopo anni di partite, Duke gli risponde:
“Non c'è niente da imparare, Huck. O sei un giocatore, o è meglio che lasci stare.”

-

Duke Preston mi ha insegnato a giocare a poker.
Quando l'ho conosciuto aveva settant'anni, una lunga barba bianca e una bacheca piena di trofei.
Io ne avevo sedici, una passione per le carte e un cassetto pieno di sogni di gloria.
L'ho convinto a farmi da maestro sostenendo di essere un ottimo giocatore, solo da migliorare.
Col senno di poi, avrei dovuto seguire il suo consiglio e lasciare stare.
Chi sostiene che il poker sia un gioco di fortuna non ha mai incontrato Duke Preston, soprattutto non si è mai seduto al tavolo verde con lui. Perchè Duke ti svuotava il portafogli anche se la Dea Bendata era dalla tua parte. Non aveva bisogno di buone carte: lui ti leggeva i pensieri.
Nessun genetic upgrade, sia chiaro. Lui i pensieri te li leggeva in faccia, nella piega di un sorriso o in una ruga sulla fronte. Capiva se stavi mentendo dall'impercettibile vibrazione di una palpebra. Poi ti spennava.
“Se non vedi un pollo al tavolo, probabilmente il pollo sei tu.”
E' stato il genere di maestro che non potrà mai essere superato dall'allievo. Non da me, comunque. Abbiamo giocato centinaia di volte, ne ho vinta una sola e sono ancora convinto che abbia perso apposta perchè era il mio compleanno.
Duke Preston mi ha insegnato a giocare a poker, o almeno credo, poi mi ha lasciato con qualche soldo in meno e una serie di consigli. 
Non so se sia ancora vivo, ma se non lo è ha sicuramente convinto il Diavolo a passare dagli scacchi al poker. E lo sta battendo.


“"Il destino mischia le carte, ma sono gli uomini che giocano la partita"


I Dieci Comandamenti dell'Asso di Fiori:
  1. Gioca l'avversario più di quanto giochi le carte. 
  2. Scegli i giusti avversari.
  3. Non giocare mai soldi che non puoi permetterti di perdere. 
  4. Non giocare spesso, ma quando lo fai sii pronto a puntare tutto.
  5. Tieni d'occhio la partita, sempre. Anche se non stai giocando.
  6. Guarda i segnali dei tuoi avversari prima delle tue carte.
  7. Diversifica il tuo gioco. 
  8. Gioca piano in una partita veloce, veloce in una partita lenta.
  9. Impara a lasciare una mano perdente. 
  10. Comportati in maniera onorevole, al tavolo e fuori. 



                                                                    “Ci provo, Duke. Ci provo.”

giovedì 16 maggio 2013

Ace of Spades - Latore Wallace


Goldera, da qualche parte nella giungla, 2514

L'umidità si sente nelle ossa.
Attacca vestiti e moscerini alla pelle, rende il fiato pesante, incolla sul viso barba e capelli.

Dove cazzo mi hai portato, Wallace? Sembra di respirare sott'acqua.

La giungla avvolge i due uomini in un abbraccio verde e ronzante.
Nuvole di insetti attaccano curiose il grasso nero che sta facendo strada, quello li scaccia con una sventolata del machete. Poi affonda la lama in un albero, si piega sulle traballanti articolazioni, armeggia con qualcosa nascosto dalle piante. Alzarsi sembra costargli una fatica immane. Ansima lento, come se lo sforzo potesse fargli esplodere il cuore e ogni respiro sia potenzialmente l'ultimo. Arranca verso la botola che si è aperta tra le felci, lancia un'occhiata alla figura alle sue spalle. Poi sparisce giù per la scala metallica che sprofonda nella terra.

Il bianco magrolino resta da solo per una decina di secondi. Si guarda attorno spaesato, studia il punto tra le piante dal quale sono arrivati. Considera se riuscirebbe a ritrovare la strada per la civiltà, in caso decidesse di andarsene. Una smorfia contrae il viso barbuto e sudato. 
No, non ci riuscirebbe.
Il bianco magrolino deglutisce a fatica la frustrazione e qualche minuscolo insetto. Ne schiaccia un altro, più grosso, sotto la suola dello stivale. 
Il bianco magrolino stacca il machete dall'albero, ringhia qualche bestemmia in direzione dei moscerini tornati all'attacco, rincorre il grasso nero dentro la botola.
Quando la richiude, lasciando alle proprie spalle la giungla, il cigolio metallico si mischia alla voce profonda e ansimante di Latore Wallace.

Benvenuto nella tua nuova casa, Haggerty.

-

Latore Wallace mi ha insegnato a trafficare stupefacenti.
Io li sapevo creare, certo. Ma venderli, sopravvivendo ai culi blu e alla più spietata concorrenza, era un altro discorso. Quello era il campo di Wallace.
Al grassone piacevano i soldi facili.
Al grassone, ancora più dei soldi facili, piaceva il pollo fritto.
E' un luogo comune, “i negri vanno pazzi per il pollo fritto”, ma probabilmente quel detto è nato da qualcuno che ha incontrato Latore Wallace. In qualsiasi pianeta del 'Verse ci trovassimo, sapeva trovare un rifugio sicuro e una rivendita di pollo sintetico. E sapeva cosa vendere, a chi vendere.
L'ho incontrato qualche mese dopo la fine della guerra. Io ero alla deriva: un mondo in ricostruzione consuma meno droga. Wallace aveva messo in piedi un giro di contrabbando durante il conflitto e non aveva nessuna intenzione di rinunciare al suo regno.
Sono diventato il suo cuoco. Di narcotici, il pollo fritto sapeva prepararselo da solo.
Blast, Switch, ODT. Io sintetizzavo, nel laboratorio nascosto nella giungla, lui trovava qualcuno che per quella droga ci riempiva di soldi. Poi io li spendevo al gioco, lui in puttane e gioielli.
Latore Wallace mi ha insegnato a trafficare stupefacenti, ma è stato ammazzato dall'unico nemico che i suoi consigli di vita e di lavoro non erano in grado di fermare: un infarto.

Money and blood don't mix, like two dicks and no bitch.


I Dieci Comandamenti dell'Asso di Picche:
  1. Mai fidarsi di nessuno.
  2. Mai fare sapere a qualcuno quanti soldi hai.
  3. Mai fare sapere a qualcuno la tua prossima mossa.
  4. Mai consumare la propria merce.
  5. Mai vendere nel posto dove vivi.
  6. Mai fare credito.
  7. Mai mischiare famiglia e affari.
  8. Mai avere merce addosso.
  9. Tenersi a distanza dalla polizia, sempre.
  10. Spaccia.

"Ci provo, Wallace. Ci provo."