venerdì 17 maggio 2013

Ace of Clubs - Duke Preston


Horyzon, Capital City, 2498 


L'uomo sbuffa una nuvola di fumo puzzolente. Appoggia il sigaro nel portacenere, alza un angolo delle carte che ha davanti, annuisce leggermente.
L'uomo spinge nel mucchio di chip le pile che ha accumulato durante la lunga partita. Ha preso la sua decisione. “Stai bluffando, Duke. All In”.
L'uomo sente una risata, sgrana gli occhi, colpisce il tavolo con un pugno.
L'uomo ha perso. Ancora.

L'altro uomo, quello con le carte migliori, non commenta. Sospira l'ultimo scampolo di risa e trascina il mucchio di chip dal suo lato del tavolo, come ha fatto mille volte. Dita magre e rugose ricompongono le torri con l'esperienza di secoli di gioco, preparando quel castello di gettoni al prossimo assalto.
Duke Preston ha vinto. Ancora.

Il ragazzo, eliminato troppo presto dalla partita, osserva le chip cambiare mano. Osserva i volti dei giocatori, poi le loro carte, quindi il sigaro che va spegnendosi con uno sbuffo maleodorante. Esita, si mastica il labbro inferiore, poi si passa il palmo aperto sui primi peli che gli macchiano la guancia. Tossisce aria densa di fumo e qualche goccia del whisky ingoiato a forza, per sembrare adulto, ma che ora gli brucia le viscere. Brucia come le parole che non può trattenere in gola.
“Insegnami a giocare come fai tu, Duke.”
Il ragazzo sta implorando il Campione. Ancora.

Per la prima volta, dopo anni di partite, Duke gli risponde:
“Non c'è niente da imparare, Huck. O sei un giocatore, o è meglio che lasci stare.”

-

Duke Preston mi ha insegnato a giocare a poker.
Quando l'ho conosciuto aveva settant'anni, una lunga barba bianca e una bacheca piena di trofei.
Io ne avevo sedici, una passione per le carte e un cassetto pieno di sogni di gloria.
L'ho convinto a farmi da maestro sostenendo di essere un ottimo giocatore, solo da migliorare.
Col senno di poi, avrei dovuto seguire il suo consiglio e lasciare stare.
Chi sostiene che il poker sia un gioco di fortuna non ha mai incontrato Duke Preston, soprattutto non si è mai seduto al tavolo verde con lui. Perchè Duke ti svuotava il portafogli anche se la Dea Bendata era dalla tua parte. Non aveva bisogno di buone carte: lui ti leggeva i pensieri.
Nessun genetic upgrade, sia chiaro. Lui i pensieri te li leggeva in faccia, nella piega di un sorriso o in una ruga sulla fronte. Capiva se stavi mentendo dall'impercettibile vibrazione di una palpebra. Poi ti spennava.
“Se non vedi un pollo al tavolo, probabilmente il pollo sei tu.”
E' stato il genere di maestro che non potrà mai essere superato dall'allievo. Non da me, comunque. Abbiamo giocato centinaia di volte, ne ho vinta una sola e sono ancora convinto che abbia perso apposta perchè era il mio compleanno.
Duke Preston mi ha insegnato a giocare a poker, o almeno credo, poi mi ha lasciato con qualche soldo in meno e una serie di consigli. 
Non so se sia ancora vivo, ma se non lo è ha sicuramente convinto il Diavolo a passare dagli scacchi al poker. E lo sta battendo.


“"Il destino mischia le carte, ma sono gli uomini che giocano la partita"


I Dieci Comandamenti dell'Asso di Fiori:
  1. Gioca l'avversario più di quanto giochi le carte. 
  2. Scegli i giusti avversari.
  3. Non giocare mai soldi che non puoi permetterti di perdere. 
  4. Non giocare spesso, ma quando lo fai sii pronto a puntare tutto.
  5. Tieni d'occhio la partita, sempre. Anche se non stai giocando.
  6. Guarda i segnali dei tuoi avversari prima delle tue carte.
  7. Diversifica il tuo gioco. 
  8. Gioca piano in una partita veloce, veloce in una partita lenta.
  9. Impara a lasciare una mano perdente. 
  10. Comportati in maniera onorevole, al tavolo e fuori. 



                                                                    “Ci provo, Duke. Ci provo.”

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