lunedì 29 luglio 2013

Una ruota e tanta sfiga.

Duankou, casino, 29 luglio 2515.

Duevirgolasette. Per la precisione 2,702703.
Le probabilità di vincita alla Roulette in caso di puntata su numero singolo.

Il numero singolo su cui scommette Huck è sempre il 33.
Non per motivazioni religiose, sia chiaro. E' il numero atomico dell'Arsenico.
E ha più dimestichezza con chimica e avvelenamenti che con Dio.

“Sfiga puttana!”

Un'altra cosa con cui ha dimestichezza è la Sfortuna che ricorda spesso ai suoi compagni di gioco, ogni volta che la mano di Roulette termina con una sua sconfitta. Statisticamente nel novantasettevirgolatre percento dei casi. In parole più semplici:

“Perdo sempre! Vaffanculo.”

La seconda parte della frase è forse diretta al 'verse infame, forse al povero croupier che sta portando via il suo mucchietto di gettoni colorati appena scommessi. Non è la prima volta, questa sera. Lo sa il dipendente del casino, lo sa il chimico, lo sa il pilota di Gracestone che lo ha accompagnato ai tavoli per cui condividono amore ed odio, a seconda di dove va a fermarsi la pallina bianca. Questa sera la Fortuna e la ruota numerata non sorridono ad Huck.
Deve quindi accontentarsi del ghigno di Rudy, che incassa la propria vincita con evidente entusiasmo e aperta provocazione.

“Prima o poi imparerai a giocare, Haggerty.”
“So giocare meglio di te, ma da qualche tempo.. ho una sfiga pazzesca.”
“Sfortunato al gioco, fortunato in amore.”

Il pilota conclude la frase indirizzando un occhiolino al chimico, poi viene attirato dalla voce del croupier che riapre le danze sul tavolo verde. Al contrario, l'attenzione di Huck è da tutt'altra parte. Una smorfia sorpresa e vagamente infastidita ha seguito la frase appena sentita, lo sguardo è scappato oltre la vetrata che fa da parete al casino. Smarrito tra le stelle, quasi potesse individuare ad occhio nudo una chioma bionda su un pianeta distante anni luce.
Le labbra lasciano sfuggire un mugugno allo stesso tempo affettuoso e ostile, diretto da qualche parte nel nulla dello spazio.

“Vaffanculo, Culodicuori.”

Non fa in tempo a girarsi di nuovo verso il tavolo, a sistemare una puntata sulla solita casella, che Rudy gli è nuovamente accanto immerso in una risata fragorosa. Una mano tesa, l'indice puntato verso il lato opposto del salone, verso un'altra vetrata, altro buio e altre stelle.

“Guarda che Tauron è dall'altra parte.”
“Vaffanculo anche tu.”

La pallina bianca viene lanciata, corre sui trentasette numeri che compongono la ruota.

Non si fermerà sul 33.

lunedì 8 luglio 2013

Due teorie e dei fantasmi.

Greenfield, Jasonville, 4 luglio 2515


Escludendo rare eccezioni - eventi mondani, nottate in laboratorio, soggiorni in carcere - l'abbigliamento del chimico non cambia praticamente mai. Per svogliatezza o abitudine si infila sempre in un paio di jeans e in una camicia, anche se la qualità e la pulizia variano a seconda del posto in cui si trova. Si potrebbe riassumere in una teoria:

La probabilità che i vestiti siano lindi e stirati è inversamente proporzionale alla distanza che intercorre tra Huck e Cap City.

Per confutarla basterebbe passare qualche settimana in compagnia del chimico, scortandolo nel suo peregrinare per il 'verse. Ovviamente non esiste persona che si impegnerebbe volontariamente in tale improbabile e poco utile impresa, e l'unica che davvero vive con lui non ha il minimo interesse nel suo modo di vestire. Rudy, il pilota ubriacone e debitore, presta ben poca cura al look maschile.
Si stupisce quindi non poco, quando entrando nella cabina del Capitano lo trova impegnato a fissare con un raro ghigno allegro e sguardo distante una camicia bianca, stesa sul letto. Una camicia bianca vistosamente macchiata d'erba umida.

"Ti sei impasticcato di nuovo?"

Chiede, l'accento di Gracestone venato di stupore. Fissa il volto di Huck, poi il letto e quei vestiti sporchi.
La voce del chimico risuona tra le pareti metalliche della Space Sick con un'esplosione di confuso ma sobrio entusiasmo.

"La speranza è una camicia macchiata di verde."

Rudy lo guarda storto. Biascica qualche bestemmia ed esce dalla cabina.
Non sembra avere intenzione di discutere neanche questa personalissima teoria.

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Eivor [ riverside ]  «  Si gira a guardarlo soltanto quando con la coda dell'occhio si è assicurata che lui i suoi li abbia chiusi. Gli fa scivolare addosso un'occhiata molto attenta, che sale dalla punta delle scarpe all'ultima ciocca di capelli. Deglutisce un grumo di angoscia.  » Mi piaci. «  Si potrebbe immaginare che lo ammetta contro voglia con un filo di voce. Invece, lo dice in maniera assolutamente naturale, come se avesse appena constatato che il cielo è azzurro e le cascate fatte d'acqua.  » E penso che tu sia una brava persona. «  Aggiunge, con un tono che non sembra ammettere nessun se e nessun ma.  » Ma se scappiamo entrambi in direzioni diverse.. «  Si interrompe, come se avesse tutto d'un tratto perso il filo del discorso, lasciato impigliato da qualche parte nelle ciocche ribelli del chimico, che sta fissando con una certa intensità.  »

" non scapperò, da te.



So give me hope in the darkness that I will see the light
'Cause oh that gave me such a fright
But I will hold as long as you like
Just promise me we'll be alright

But hold me still, bury my heart on the coals
And hold me still, bury my heart next to yours

So give me hope in the darkness that I will see the light
'Cause oh that gave me such a fright
But I will hold on with all of my might
Just promise me we'll be alright

But the ghosts that we knew made us black and all blue,
But we'll live a long life.
And the ghosts that we knew will flicker from view
And we'll live a long life.